La Genziana: Oro degli Abruzzi

Genziana -1_compressedAbbondanti sono le erbe medicinali che trovansi negli Abruzzi […] la Majella specialmente n’è ricca, ed i medici de’ luoghi vicini adoperano con efficacia la Gentiana lutea e la Gentiana acaulis invece della china…” scriveva il De Renzi nel 1828 a proposito di quelli che egli chiama “rimedi indigeni”, di cui tanto è ricco l’Abruzzo.

La Gentiana lutea L. (Genziana maggiore, Genziana gialla, Gensara, Ensiana, Giansana, Argiansana, Erva biunnina) appartiene alla famiglia delle Gentianaceae che comprende una settantina di generi e circa ottocento specie. Le piante appartenenti a questa famiglia sono principalmente erbacee, in quanto esistono pochi esemplari a portamento arbustivo e arboreo, e largamente distribuite nella fascia temperata. La nostra flora è ben rappresentata e ospita dieci generi di Gentianaceae.

Il nome generico deriva dal latinogentiane, che secondo Plinio e Dioscoride fa riferimento a Gentius, re dell’Illiria vissuto intorno al 180 a.C., che secondo la leggenda fu il primo a scoprire le proprietà medicinali della radice di genziana. L’epiteto specifico deriva dal latino luteus-a-um, giallo, in riferimento al colore dei fiori.

La genziana maggiore è una pianta erbacea perenne, glabra, glauca, alta dai 40 ai 150 cm. Il fusto si presenta semplice, cilindrico, robusto, rigido e cavo. La radice a fittone è lunga e robusta, gialla con scorza grigia. Le foglie inferiori in rosetta sono largamente lanceolate a margine intero, glauchescenti, larghe da 5÷15 cm lunghe fino a 30 cm, con 5÷7 nervature longitudinali marcate sulla pagina superiore e sporgenti in quella inferiore, che si congiungono all’apice; sono opposte quelle del caule, nella parte inferiore sono brevemente picciolate, mentre le altre sono sessili, gradualmente ridotte, bratteiformi. I fiori presentano peduncolo di circa 1 cm e sono riuniti in numero di 3÷10 in pseudoverticilli all’apice dei fusti e all’ascella delle foglie superiori. Ogni fiore ha il calice aperto da un lato e una corona a 5÷6 lacinie disposte a stella, di color giallo-vivo. Stami ad antere libere, stimmi arrotolati a spirale dopo la fioritura. L’ ovario è supero. I frutti sono capsule setticide di (18)20÷40 x (6)7÷14 mm, ovoidi, deiscenti con 2 valve poco divergenti, con stipite di 1,5÷4,5 mm. I semi sono numerosi e caratterizzati da un contorno ellittico o suborbicolare, reticolati, di colore bruno-grigiastro, con ala di 1 mm. interrotta nella regione ilare. L’ antesi va da giugno ad agosto. La riproduzione avviene prevalentemente per via rizomatosa, tramite propagazione vegetativa (Georgieva, 2007).

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Particolare del fiore di Gentiana lutea L.

La genziana maggiore pur essendo diffusa in tutta la penisola, eccetto Sicilia e Puglia, sta velocemente regredendo in molte località a causa della raccolta indiscriminata dei rizomi per la produzione liquoristica. A ciò si aggiungono le minacce del sovrapascolo, dove presente, della brucatura degli ungulati, della successione naturale della vegetazione ma soprattutto i danni dell’eccessiva pressione turistica. E’ una specie eliofila, microterma e nitrotollerante. Vegeta in pascoli montani e subalpini, boscaglie montane e megaforbieti subalpini, ricchi in sostanza organica. Da 1000 a 2200 m s.l.m., preferibilmente su substrati calcicoli, ma occasionalmente anche sui silicei.

La forma biologica è Emicriptofita scaposa (H scap), ovvero, piante perennanti per mezzo di gemme poste al livello del terreno. La forma corologica è Orofita sud-europea (Orof. S-Europ.) che categorizza specie diffuse sulle catene montuose dell’Europa meridionale.

Già dal tempo di Dioscoride (40 d.C – 90 d.C.) e Plinio (23 d.C. – 79 d.C.), la genziana maggiore veniva impiegata contro il morso dei serpenti, per curare le malattie del fegato e le affezioni oculari. Per tutto il Medioevo è stata impiegata come stomachico e vermifugo. L’illustre medico e umanista rinascimentale Pietro Andrea Mattioli (1501-1578) indicò la genziana come efficace diuretico, emmenagogo, vermifugo, febbrifugo ed eccellente rimedio contro la puntura degli scorpioni. Allo stesso modo, le sue proprietà vennero esaltate dai grandi botanici tedeschi Leonhart Fuchs (1501-1566) e Hieronymus Bock Tragus (1498-1554). Prima della scoperta del chinino, ufficialmente avventa nel 1817, la genziana maggiore era la droga più utilizzata per la cura delle febbri malariche e intermittenti. La radice, che è l’organo maggiormente impiegato in medicina, contiene un glucoside amaro cristallizzato detto genziopicrina, che in acqua si scinde per idrolisi in destrosio e genziogenina, un’ altra sostanza amara. Durante l’essicazione e la fermentazione della radice la genziopicrina scompare gradualmente. Essa, oltre a essere responsabile del carattere amaro, provoca l’aumento del succo gastrico non per effetto diretto ma come riflesso sulle papille gustative, conferendo alla pianta le ben note propietà stomachiche. Sono presenti anche altri due glucosidi: la genziamarina, che si forma durante l’essicazione, e la genziina, poco solubile. Le analisi biochimiche hanno isolate anche un alcaloide (genzianina), pigmenti xantonici, pectina, emulsina, invertina, due fitosterine, di un olio poco saponificabile in concentrazione del 6% c.a., infine resine e zuccheri.

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Esemplare di Gentiana lutea L. fotografato nel Parco Nazionale della Majella

La genziana maggiore presenta proprietà tipicamente aperitive, stomachiche, digestive, carminative e antidiarroiche a cui si aggiungono capacità antipiretiche, vermifughe, colagoghe e vulnerarie. Indagini sperimentali hanno confermato la capacità di questa pianta di stimolare la produzione di globuli bianchi (azione leucocitogena). Per la sua azione farmacologica viene impiegata nella cura di disturbi gastro-intestinali di varia natura quali dispepsia, atonia intestinale, fermentazioni, insufficienza epatica, diarree, dissenterie e altri disturbi dell’apparato gastrico. Inoltre è utile negli stati febbrili, di affaticamento organico e convalescenza. Trova impiego anche nell’ itterizia. Per uso esterno può essere impiegata per alleviare piaghe e infiammazioni cutanee. La medicina popolare abruzzese riporta l’uso dei montanari che applicavano le foglie di genziana maggiore su ferite e parti infiammate per ridurre i gonfiori, inoltre le usavano anche per fare pediluvi fortificanti. Il decotto concentrato viene utilizzato per normalizzare le pelli grasse. La lozione può essere utilizzata anche per la cura dei capelli. Per le preparazioni, viene impiegata sotto forma di tintura o decotto. Tutti i prodotti a base di genziana sono controindicati per le persone affette da gastrite, ulcera gastrica e duodenale. L’uso protratto e dosi elevate, possono causare disturbi gastrointestinali ed in soggetti predisposti, anche cefalea. E’ controindicata nell’ ipertensione.

Attualmente uno dei suoi utilizzi principali è quello che la vede ingrediente fondante di numerosi liquori, aperitivi e digestivi, nonché in preparati farmaceutici. La sua azione eupeptica (dovuta ai principi amari) la rende un valido aiuto negli stati di inappetenza. L’indice di amaro della genziana è uno dei più alti tra le droghe vegetali di origine europea: il sapore amaro dei suoi estratti è percepibile ancora alla diluizione di 1:12000.

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A chi le radici…a chi le foglie!

La raccolta delle radici di genziana avviene nel periodo autunnale (settembre-novembre). e si prediligono quelle di piante piuttosto vecchie. La genziana lutea infatti è caratterizzata da una crescita molto lenta: fiorisce per la prima volta dopo il decimo anno e produce un nuovo fusto fiorale ogni 4-8 anni. Una pianta di 20-25 anni può arrivare a fornire dai 6 ai 7 kg di radice. Nelle coltivazioni controllate , la raccolta avviene almeno dopo 5-6 anni, periodo in cui la pianta raggiunge una buona produzione. Una volta estratta e divisa per il lungo, la radice di genziana viene tagliata in pezzi ed esposta all’aria. Il processo fermentativo che accompagna l’essiccazione trasforma il suo colore esterno da giallo a bruno-rossastro.

Flora d’Abruzzo ricorda che la raccolta in natura di Gentiana lutea L. sul territorio italiano è vietata da diverse norme regionali, tra cui quella abruzzese per la tutela della flora spontanea (L.R. 45/79 e 66/80).

Il periodo di raccolta, che coincide con il riposo vegetativo, può causare incidenti tra i raccoglitori meno esperti: negli stessi ambienti, infatti, vegetano il veratro bianco (Veratrum album L.) e il veratro nero (Veratrum nigrum L.), piante fortemente tossiche che se assimilate possono portare alla morte. Le foglie di queste specie, appartenenti alla famiglia delle Liliaceae, sono molto simili a quelle della Genziana lutea L. e sono facilmente confondibili quando la pianta non è in fiore. La genziana maggiore ha foglie opposte, glabre, e 5-7 nervature marcate convergenti all’apice, mentre il veratro ha foglie alterne, inserite a spirale, vellutate inferiormente e plissettate longitudinalmente. La genziana, inoltre, essendo una dicotiledone, presenta le nervature falsamente parallele (controluce si vede facilmente che sono anastomizzate). Nel veratro, poichè monocotiledone, sono strettamente parallele. Le radici inoltre presentano una diversa disposizione dei fasci: regolare nella genziana, disordinata nel veratro.

Nonostante la cornucopia delle sue confermate virtù medicamentose, la genziana gialla ha riscosso poco successo nel mondo magico: simbolo di disprezzo, valore che non muore e bellezza sdegnosa, si utilizza per i bagni e per confezionare sacchetti d’amore. E’ in grado di sciogliere malefici e incantesimi. La sua azione catalizzatrice può rinforzare le virtù magiche delle erbe a contatto con essa, oltre a rendere maggiormente efficaci preparati e incensi. La sua radice fortemente aromatica viene utilizzata per risvegliare e accrescere l’amore, nelle pratiche di evocazione e per proteggersi da stregonerie e maledizioni. E’ posta sotto l’influenza di Marte.

Nella tradizione abruzzese, la radice di genziana viene impiegata nella preparazione di liquori tipici. Essa costituisce uno degli ingredienti del celebre liquore abruzzese Centerbe di Tocco da Casauria, nonché del Fernet. Popolarmente vengono realizzate molte varianti locali del centerbe, in cui si utilizza un numero molto più ridotto di erbe. La radice di Genziana è la pianta base per la preparazione di questi liquori. A Guardiagrele veniva fatta macerare nell’alcool con aggiunta di salvia, galbule di ginepro, origano e altre erbe spontanee, mentre a Palena venivano aggiunti salvia sclarea, rosmarino e centaurea minore.

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Radice di genziana maggiore in macerazione (foto di Federico Malatesta)

Per quanto concerne gli usi officinali tipici, la radice secca viene adoperata in decotto contro l’inappetenza. Un uso localmente radicato è quello di utilizzare la genziana come febbrifugo: dal De Nino (1891) apprendiamo che a Pacentro e Sulmona, per curare qualsiasi tipo di febbre si faceva ricorso a questa pianta (Tammaro & Guarrera, 1997). Inoltre, le radici secche, polverizzate, si applicano su piaghe marcescenti per favorire la guarigione (Tammaro, 1984). Purtroppo in Abruzzo questa splendida pianta è stata oggetto di un’ illegale e scellerata eradicazione che ha ridotto drasticamente il numero di esemplari selvatici, conducendo la specie sulla soglia dell’ estinzione. Uno degli esempi più eclatanti è il Monte Genzana (2170 m), presso Scanno, il cui toponimo deriva dalla grande presenza di questa essenza sui suoi pendii, che ora invece è molto rara. Sui pendii di questo monte, il botanico pettoranese Pasquale Gravina (1779-1828) ne segnalò la presenza in un passo del “Rapporto de’ viaggi botanici eseguiti nelle montagne che chiudono al sud la Vallata di Solmona“, testo risalente al 1811.

…saliti che fummo piegammo dalla parte di Scanno dove
sono i migliori pascoli della montagna, e dove il terreno è coverto
da una zolla fina che sembra la lanugine della terra. Andammo
alla Posta della Genzana, detta così per la gran quantità
di Gentiana lutea che vi alligna: ma non vi trovammo che
le punte delle costole delle foglie rosicate dagli animali. Per
non perdere l’occasione fecimo svellere alla nostra guida una
quantità di radici per conservarle a qualche bisogno“.

Ovviamente anche in altre località dell’Abruzzo, come la Majelletta (Majella), Campo Imperatore (Gran Sasso) e sui monti del Sirente, ci sono state numerose aggressioni tali da ridurre gli esemplari. Data l’importanza industriale di questa specie, sopratutto all’interno della tradizione liquoristica regionale, sono stati impiantati campi di coltivazione a Palena, Cascina di Cagnano Amiterno, Scanno e presso l’Aquila (Tammaro, 1984).

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La raccolta in natura sul territorio italiano è vietata da diverse norme regionali, tra cui quella abruzzese per la tutela della flora spontanea (L.R. 45/79 e 66/80).

La genziana rientra inoltre nell’allegato V “Specie animali e vegetali di interesse comunitario il cui prelievo nella natura e il cui sfruttamento potrebbero formare oggetto di misure di gestione” della Direttiva Habitat 92/43/CEE.


ATTENZIONE: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi officinali e sono riportati per puro scopo informativo, pertanto si declina ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, alimentare o estetico.


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