La pianta della settimana: Capsella bursa-pastoris

Buongiorno amici di Flora d’Abruzzo, ecco la nuova “Pianta della settimana”, vi auguriamo una buona lettura!

Capsella bursa-pastoris (L.) Medik.
Borsapastore, Borsa del pastore comune, Borsacchina, Capsella
Brassicaceae
H bienn
Cosmop.

…Infusus sanguinis effluxus, undantia menstrua sistit” (l’infuso ferma le perdite di sangue e le mestruazioni eccessive): così scriveva della borsa pastore l’illustre botanico Castore Durante (1529-1590) nel suo Herbario novo. Questa specie presenta un areale di diffusione davvero ampio e con una capacità di adattamento elevatissima. La si trova in fatti in tutto il globo tranne che nelle zone aride ed è in grado di fiorire per tutto l’arco dell’anno. Da sempre nota ai popoli che si sono susseguiti nel corso della storia, il riconoscimento delle proprietà emostatiche lo si deve al grande medico e botanico Pietro Andrea Mattioli (1501-1578).

Durante la Prima Guerra Mondiale la medicina si interessò particolarmente a questa pianta che sostituì due metodi già in uso, la segale cornuta e l’idraste. In realtà, si è poi scoperto che la sua efficacia dipende molto dall’età del preparato.
La sua etimologia è strettamente correlata alla particolare forma dei suoi frutti. Essi, infatti, ricordano la forma della borsa tipicamente usata dai pastori e il loro nome generico deriva dal latino “capsa”. Capsella deriva infatti dal latino e significa “piccolo cofanetto”. L’origine del suo nome è però controversa: secondo alcune teorie, il nome di questa pianta deriverebbe dall’ accadico “burussu” = tappo, turacciolo + “paštu” = ascia, scure’. Secondo questa tesi la forma del frutto ricorderebbe un tappo, una zeppa a forma di scure. Localmente viene indicata come: u bucc, rapagnule salvagge, capillanie o jerva pastore.

Il principale utilizzo che ne è stato fatto è come antiemorragico. I principi attivi che compongono la pianta sono tannini, flavonoidi (tra cui esperidina, diosmina e rutina), olio essenziale solforato, alcaloidi, acidi organici, saponine. Veniva impiegata per curare le emorragie, le vene varicose e le emorroidi. Veniva inoltre utilizzata per frenare e regolare i flussi mestruali troppo abbondanti. Importante è stato il suo utilizzo nella cura di epistassi, diarree ed emorroidi.

In Abruzzo era adoperata in decotto, tutta e fresca, per curare la malaria (in particolare ad Ortona). La pianta intera, messa a macerare per tre giorni, veniva offerta come aperitivo. Nelle metrorragie e nella ematuria veniva bevuto un decotto dell’intera parte aerea della pianta. Inoltre, veniva usata in cataplasma nelle affezioni cutanee. Pare che i pastori dell’Aquilano, durante la transumanza, ne portassero un impiastro avvolto ai polsi per prevenire la malaria. Si racconta, inoltre, come un pastore che curava con questa pianta le sue pecore riuscì ad arrestare un’emorragia uterina ad una donna somministrandole ogni ora un cucchiaio di succo fresco della pianta. La borsa pastore veniva inoltre consumata fresca o cotta nelle insalate contadine.

ATTENZIONE: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi officinali sono riportati per puro scopo divulgativo, pertanto Flora d’Abruzzo declina ogni responsabilità sull’ utilizzo a scopo curativo, alimentare o estetico.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.